La motocicletta

Vélocipede à Grande Vitesse
Vélocipede à Grande Vitesse

Spesso detta moto per brevità, è un veicolo a 2 ruote, provvisto di motore, appartenente alla categoria dei motoveicoli.

 

Etimologia

 

In origine questo tipo di veicolo veniva definito bicicletta a motore, a causa della sua discendenza dalla bicicletta. Il termine "motocicletta" deriva dal marchio commerciale "Motocyclette" con il quale venne presentato il primo modello prodotto dall'azienda parigina Werner che, per prima, aveva ideato l'applicazione del motore ausiliario a una comune bicicletta, depositando i relativi brevetto e denominazione il 7 gennaio 1897. Il termine "Motocyclette" si diffuse rapidamente e divenne talmente popolare in tutta Europa, già nel primo decennio del XX secolo, da costringere il tribunale di Parigi, per ragioni di pubblico interesse, a cancellare la precedente concessione di esclusività del marchio ai fratelli Werner e riconoscerlo nel pubblico dominio.

 

Storia

L'invenzione della motocicletta viene fatta risalire all'ingegnere meccanico francese Louis-Guillaume Perreaux che desiderava costruire un velocipede a motore e commercializzarlo, dopo aver realizzato altre invenzioni in vari campi.

Il 26 dicembre 1868 depositò il primo brevetto del Vélocipede à Grande Vitesse, che prevedeva un velocipede "destinato a percorrere distanze immense senza affaticarsi senza un volano d'inerzia"; a questo primo vago brevetto ne seguì un altro il 23 dicembre 1869 in cui aggiunse un telaio monotrave in acciaio. Nel maggio del 1870 nacque ufficialmente il Vélocipede à Grande Vitesse, alimentato con un motore elettrico, poi modificato con il brevetto quasi definitivo del 14 giugno 1871 che Perreaux definì "meno imbarazzante del sistema elettrico e di funzionamento più regolare".

Nel nuovo progetto il motore elettrico era sostituito con un motore a vapore monocilindrico alimentato ad alcool o petrolio o olio per lampade. Perreaux posizionò il motore tra la sella e la ruota posteriore. Nell'ultimo brevetto modificò la caldaia e la focolaia del motore. Così nacque la sua moto primitiva che aveva una cilindrata di 303,9 cm³ e che raggiungeva 35 km/h.

Perreaux la produsse in cinque o sei esemplari nel 1871-1872, che decise di mettere tutti in vendita al prezzo di tremila franchi, pubblicizzandoli con l'intento di "rimpiazzare la razza cavallina potendo percorrere distanze favolose a 35 km/h". Viene ufficialmente riconosciuta essere la prima moto della storia.

L'unico esemplare esistente è conservato al Musée de l'Île-de-France al Castello di Sceaux nella regione dell'Île-de-France (Francia).

 

Replica della Daimler Reitwagen-Einspur
Replica della Daimler Reitwagen-Einspur

Il primo progetto di motocicletta dotata di motore a combustione interna, depositato presso l'ufficio brevetti di Roma nel 1879, è dell'ingegnere bergamasco Giuseppe Murnigotti che ideò una moto biposto, mossa da un propulsore 2T a combustione gassosa; al progetto non venne poi dato seguito materialmente quindi il primo prototipo di motocicletta con motore a combustione interna si deve a due inventori tedeschi, Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach, che costruirono il primo prototipo, nel 1885, in una piccola officina di Cannstatt (nelle vicinanze di Stoccarda).

Nel 1894 i primi esemplari funzionanti vennero messi in vendita dalla Hildebrand & Wolfmüller e da quel momento si assistette ad una continua evoluzione della motocicletta, grazie ad aziende di tutto ilmondo, sia in Europa che negli USA.

Come nella parallela storia dell'automobile, il mondo delle motociclette di produzione è andato sempre di pari passo con quello delle competizioni e se, nel mondo dell'automobilismo, già nel 1894 si sviluppava una competizione degna di tale nome con la Parigi-Rouen, l'anno successivo si registravano le prime iscrizioni di bicicli a motore alla Paris-Bordeaux-Paris.

Se i primi modelli costruiti non erano altro che biciclette a cui venivano applicati gli apparati di propulsione, l'evoluzione tecnica ed estetica è stata continua, così come il distanziamento progettuale con le due ruote a propulsione umana. Già nei primi decenni del XX secolo la tipologia classica era quella delle moto sottocanna e si vedevano i primi esempi di sospensioni per migliorare il comfort di marcia.

Fino agli anni sessanta la produzione era per la gran parte europea, con l'industria britannica, tedesca e italiana in particolare evidenza, negli ultimi decenni la parte del leone viene fatta dalle industrie giapponesi.

 

Hildebrand & Wolfmùller 1896

Il primo veicolo a due ruote motorizzato, e prodotto in serie, è sviluppato dai fratelli Hildebrand e da Alois Wolfmùller e successivamente costruito tra il 1894 e il 1897. La casa produttrice coniò il termine Motorrad (motocicletta) per descrivere la sua creazione.
La Hildebrand & Wolfmùller è dotata di due cilindri orizzontali i cui pistoni si muovono all'unisono, con un'accensione ogni due giri. Le aste di collegamento sono fissate direttamente agli eccentrici della ruota posteriore, che ha pertanto anche la funzione di volano. Un dispositivo applicato alla ruota posteriore controlla l'apertura delle valvole di scarico, mentre quelle di aspirazione, automatiche, ricevono la miscela da un carburatore a superficie situato tra i montanti inferiori. L’aria, prima di giungere al motore attraverso una valvola di regolazione, scorre sulla superficie del carburante, miscelandosi in questo modo efficacemente con i suoi vapori. L’acqua del raffreddamento è contenuta in un serbatoio curvo che fa anche da parafango posteriore. L’accensione è assicurata tramite un rudimentale sistema a incandescenza. Nonostante i numerosi accorgimenti innovativi, la Hildebrand & Wolfmuller non si rivelò un veicolo sufficientemente pratico e, dopo un periodo di entusiasmo iniziale, l'avventura finì.

La produzione stimata di queste motociclette (che venivano prodotti su licenza anche a Parigi da Duncan-Superbie) è di circa 2000 esemplari.
1900 – Minerva inizia la produzione di motori a scoppio

1900 – Minerva inizia la produzione di motori a scoppio

L’azienda belga Minerva nata nel 1897, inizia la produzione di motori per motociclette ed automobili. Uno di questi motori sarà utilizzato dalla Triumph per la prima motocicletta.

 

 

 

1901 – Nasce Edward Turner

1901 – Nasce Edward Turner


Il 24 gennaio 1901 nasce a Londra Edward Turner futuro uomo chiave per Triumph: nello stesso giorno Edward VII fu proclamato Re. Il padre di Edward, William è ingegnere meccanico.
Al “London trade show”, il salone motociclistico di Londra, vengono esposte più di 100 motociclette diverse!
I fratelli Werner costruiscono la loro prima motocicletta nel 1897, montando sulla ruota anteriore di una bicicletta un piccolo motore progettato da Hippolyte Labitte. Fu il primo motociclo costruito in quantità significative, anche al di fuori del suo paese d'origine. Come quasi tutti i fabbricanti del periodo, che sistemavano il motore in posizioni improbabili, anche la Werner scelse una posizione piuttosto infelice: il baricentro alto rendeva infatti la moto pericolosamente instabile. Nel 1901 appare la "nuova" Werner, il modello qui raffigurato, che si allontana dalla configurazione a motore appeso per avvicinarsi a quella con motore integrato. Una volta risolto il problema della posizione ideale del propulsore, i due fratelli iniziano gli studi relativi allo sviluppo del telaio e del motore stesso. I miglioramenti rispetto al primi modelli, come l'accensione elettrica, un carburatore migliorato e freni più efficienti, contribuirono a trasformare in un'autentica motocicletta ciò che era poco più di un eccentrico giocattolo.

 

1902 – Prima motocicletta Triumph con motore Minerva

1902 – Prima motocicletta Triumph con motore Minerva

La prima motocicletta Triumph, chiamata N°1 nasce applicando ad una bicicletta Triumph uno dei motori del lotto che Schulte aveva ordinato alla Minerva. Si tratta di un quattro tempi da 2,25 cv e 292cc di cilindrata dotato di una valvola di aspirazione meccanica e di un carburatore a spruzzo. Oltre al motore vengono aggiunti due serbatoi sotto il tubo superiore del telaio: uno per la benzina ed uno per l’olio. La trasmissione è assicurata da una cinghia cuoio, appositamente costruita, collegata alla ruota posteriore e comandata dall’albero motore. La moto venne messa in vendita con due misure di telaio (22 e 24 pollici). Alla fine Bettman ha dovuto cedere, anche grazie ad una diminuzione delle vendite di biciclette, al socio Schulte che spingeva da anni per la produzione di una bicicletta motorizzata.

 

1903 TWN (Triumph Werke Numberg)

1903 - Inizia la produzione di motociclette per il mercato tedesco nello stabilimento di Norimberga, la TWN (Triumph Werke Numberg). Le vendite sono di 500 moto all’anno. Oltre al motore Minerva, nella versione evoluta a valvole laterali, viene utilizzato il propulsore della J.A.Prestwich (JAP).

1903 - Carburatore a vaporizzazione Longuemare
1903 - Carburatore a vaporizzazione Longuemare
1903 – Triumph con motore JAP
1903 – Triumph con motore JAP
1903 – Monocilindrico 239 cc della Minerva
1903 – Monocilindrico 239 cc della Minerva

1904 – Primo telaio motociclistico

1904 – Primo telaio motociclistico

 

Viene abbandonato il motore Minerva ed è utilizzato il modello J.A.P. adottando la “nuova” posizione Werner del motore: nasce così il primo telaio costruito appositamente ad uso motociclistico. Per questo modello sono utilizzati anche i motori 293 e 354 cc da 3 cv della Casa belga Fafnir.

1905 – Primo motore Triumph
1905 – Primo motore Triumph

Triumph 3HP

Con questo nuovo motore è realizzata alla fine dell’anno la prima motocicletta interamente Triumph, la Model 3HP capace di 3 cv a 1.500 giri e di una velocità massima di 70 km/h. E’ prodotta in circa 250 esemplari l'anno. Rispetto al modello precedente, la bobina viene spostata in un contenitore di legno fissato sotto la sella. La batteria invece è ospitata in un vano del serbatoio. La forcella è ancora quella di una bicicletta, e se pur irrigidita, è completamente priva di molleggio.

Pur in presenza dei canonici pedali su questo modello ci sono anche le pedane, collocate in posizione molto avanzata. Su quella di sinistra è montato il pedale del freno posteriore a pattino, che lavora direttamente sulla puleggia della trasmissione finale (azionata da una cinghia tassellata di cuoio). Il freno anteriore, sempre a pattino, agisce direttamente sul cerchio della ruota. Entrambe le ruote sono da 26" con pneumatici Clincher larghi appena 2", mentre il peso dell'intera motocicletta è di soli 57 kg a secco. E’ messa in vendita a 45 Sterline. Con 5 sterline aggiuntive era possibile acquistare un “magneto” della Simms-Bosch (questo “optional” era caldamente consigliato dalla casa!).

E’ la prima motocicletta completamente di produzione inglese.

 

1906 – Forcella a molla orizzontale

1906 – Forcella a molla orizzontale

 

Il 23 aprile viene registrato il nuovo nome della società :“Triumph Engineering Co. Ltd.”.
Viene introdotta la forcella anteriore oscillante con molla orizzontale fissata sulla parte anteriore del canotto di sterzo (rocking fork with horizontal spring), il telaio è ridisegnato e rinforzato; viene progettato un nuovo motore. 500 sono le motociclette prodotte in quest’anno.

Una moto viene affidata al celebre reverendo Basil H. Davies, collaboratore della rivista “Motor Cycle” con lo pseudonimo di Ixion. Davies percorre 2.050 km in sei giorni, partendo da Oxford e scorazzando in lungo e largo per l’Inghilterra.

Nel mese di settembre avviene il debutto nelle gare con l’iscrizione alla salita di Dashwood, dove un prototipo Triumph di 450 cc migliora di 7 secondi il record assoluto della corsa.

BSA produce la prima moto utilizzando un motore Minerva.

 

1907 – Nuovo stabilimento a Priory Street

1907 – Nuovo stabilimento a Priory Street

 

Entra in produzione il nuovo motore di 450cc da 3,5 CV.

Jack Marshall e Freddie Hulbert piazzano le triumph al 2° e 3° posto alla prima edizione del Tourist Trophy dell’isola di Man, unico luogo in Inghilterra dove si possono disputare delle competizioni su strada. Entrambi i piloti gareggiarono con una monocilindrica di 475 cc dotata di carburatore a due

vaschette e priva dei pedali.

La produzione viene trasferita in uno stabilimento più ampio Priory Street, ed il numero di motociclette prodotte è raddoppiato raggiungendo così le 1000 unità. Nel vecchio stabilimento in Much Park vengono ancora prodotte le biciclette ed i sidecar con il marchio "Gloria".

Bettmann, il socio fondatore della Triumph, diventa sindaco di Coventry.

Il 17 giugno 1907 viene inaugurato il primo circuito al mondo: Brooklan

 

1908 – Primo “cambio” a due marce

1908 – Primo “cambio” a due marce

 

La cilindrata sale a 476cc e con l’introduzione del nuovo variatore le salite più ripide sono affrontate con meno sforzo. In realtà il variatore è manuale, e per cambiare il rapporto (da 4:1 a 6:1) è necessario fermare la motocicletta, avvitare (o svitare) la puleggia e regolare di conseguenza la cinghia. Si tratta comunque il primo “cambio” montato in una Triump.

Viene introdotto un carburatore (twin barrel) progettato in casa ed i controlli (acceleratore, anticipo, ecc.) del motore vengono spostati sul manubrio.

Il profitto dell’azienda per il 1908 fu di 22.049 sterline.

La vittoria al Senior TT nella classe monocilindrici con Jack Marshall, a 65 km/h di media (con velocità massima di 68,36 km/h), è una ulteriore conferma dell’affidabilità e del valore della moto. Questo successo avrà un notevole riscontro sulle vendite della produzione di serie.

 

1910 – Prima “frizione”

1910 – Prima “frizione”

 

Le Triumph si erano guadagnate la fama di buone moto e, nel 1910, fu fatto un passo avanti per renderle anche più pratiche introducendo il meccanismo “free engine”. Questo dispositivo consente la messa in moto dal cavalletto anziché dovere spingere o pedalare furiosamente per decine di metri. Il meccanismo è in realtà una frizione integrata nel mozzo posteriore ed azionata a pedale e permette di fermare la motocicletta con il motore ancora in moto! Era stata brevettata due anni prima da Schulte.

La gamma della casa inglese nel 1910 è composta da due modelli entrambi dotati del motore maggiorato a 499cc (AxC 85x88 mm) e dotato di 3,5 CV . Il primo modello, sporting TT, è venduto senza pedali ed equipaggiato per la strada o per le corse. Il secondo modello, turistico chiamato anche “Hub Clutch”, dotato di pedali può essere acquistato con il dispositivo “free engine” sopra descritto.

Ben otto Triumph prendono parte al TT di Man: cinque di queste guidate da clienti privati. Tutte le moto arrivano al traguardo dopo 158 miglia (254 km) di gara. Fu così che nacque lo slogan “Otto Triumph alla partenza, e otto all’arrivo”.

Il modello sotto raffigurato (Hub Clutch) deriva dalla 3HP del 1905.

birota ignifero latice incita

Curiosità

 

Nel dopoguerra, ravvisata da parte della Chiesa cattolica l'opportunità di assegnare il patrocinio alla moderna categoria dei motociclisti, per la prima volta fu necessario tradurre il termine motocicletta in lingua latina, in modo da rendere possibile la citazione della categoria, attraverso il veicolo. Nel decreto pontificio Ad perpetuam rei memoriam di papa Pio XII, in data 11 febbraio 1947, la motocicletta è definita birota ignifero latice incita, ovvero biruota spinta da un liquido infiammabile.

Le tipologie di motociclette

Naked

Ducati Monster del 1994
Ducati Monster del 1994

Con il termine naked o nuda si indica una tipologia di motocicli che vengono concepiti e proposti dalle case motociclistiche senza sovrastrutture o protezioni aerodinamiche quali cupolini, carenature o motovalige, lasciando in vista il propulsore e le varie componenti della moto.

Il termine inglese naked (nuda), si è popolarmente diffuso all'inizio degli anni novanta, quando alcune case, dopo un intero decennio in cui la produzione mondiale si ispirava quasi esclusivamente a motocicli carenati o semicarenati, proposero modelli di nicchia, rievocativi degli anni settanta e secondo uno stile inizialmente definito nude-look, come la Kawasaki Zephyr la Moto Guzzi 1000 S, ottenendo un imprevisto successo di vendite. 

La moda delle naked si sviluppò tra i motociclisti europei tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta. Allora ancora chiamate "streetfighter", si trattava di motociclette sportive a cui veniva rimossa la carena, spesso a seguito di un incidente quando il proprietario non aveva soldi per comprarne una nuova. Taluni identificano la Ducati Monster, presentata nel 1993, come la prima naked prodotta in serie.

Streetfighter

streetfighter

Una streetfighter è una moto sportiva personalizzata, alla quale vengono eliminate le carenature e vengono fatte altre modifiche che portano a un look più “aggressivo”.

Le principali caratteristiche delle streetfighter sono: rimozione di carenature, sostituzione impianto di illuminazione, manubrio più alto e largo (stile cross), posteriore generalmente accorciato e riposizionato affinché la coda salga verso l'alto.

Questo tipo di moto ha guadagnato popolarità in tutto il mondo a tal punto che i costruttori hanno cominciato a rispondere alle esigenze del mercato producendo motocicli rassomiglianti (anche se meno estremi come Triumph Speed Triple R, Honda X-11, Buell xb) e adottandone perfino la terminologia (Ducati Streetfighter).

Anche se basa le sue radici nella cultura styling dei café racer degli anni 1950 e 1960, lo Streetfighter è ispirato alle nuove moto giapponesi alla fine del 1970 e all'inizio del 1980. Il proliferare del genere venne favorito da giovani piloti nel Regno Unito che non potevano permettersi di sostituire carenature danneggiati dopo crash ripetuti.

In seguito, sono stati aggiunti i fari più piccoli (per permettere ai freestyler di potersi sedere durante le loro acrobazie), manubrio da cross (per facilitare le evoluzioni effettuate dagli stunt-man), aumento della coppia per aiutare a impennare, coda alta per evitare che raschiasse durante le impennate.

Contribuì a lanciare la moda degli streetfighter la rivista inglese Bike che nel 1983 commissionò Andy Sparrow a disegnare un fumetto per sostituire Ogri (un personaggio motociclista dei fumetti britannico). Il nuovo albo dal titolo "Bloodrunners" presentava bande di motociclisti cavalcare moto modificate (turbo, con gomme maggiorate, senza carene ne specchietti) per corse clandestine.

Cruiser e Grand Cruiser

Motocicletta Grand Cruiser
Motocicletta Grand Cruiser

Modelli imponenti, generalmente con motori di grossa cilindrata e accessoriati con tutto ciò che può rendere più piacevole un viaggio in ogni condizione di tempo, anche con bagagli grazie alla presenza di motovaligie. Dotate di protezioni aerodinamiche estese con funzione di riparo dagli eventi atmosferici avversi e spesso di accessori specifici per l'uso anche invernale.

Moto da turismo

Harley-Davidson Road Glide
Harley-Davidson Road Glide

Una moto da turismo è un tipo di motocicletta progettata per viaggiare. Anche se ogni moto può essere utilizzata per questo scopo, i produttori hanno sviluppato modelli specifici per quest'uso. Le moto da turismo generalmente:

Sono di grande cilindrata;

sono dotate di carene o parabrezza per offrire un elevato livello di protezione dal vento;

Hanno serbatoi di carburante di grande capacità per garantire lunghi intervalli fra un rifornimento e l'altro;

Hanno i motori in grado di erogare una elevata coppia già ai bassi regimi;

Sono caratterizzate da una posizione di guida più rilassata e verticale rispetto alle moto sportive.

Fra le molteplici declinazioni di questo tipo di moto, possiamo distinguere principalmente le tipologie: Gran Turismo, Maxi Enduro e Turismo Sportivo. Tale classificazione è da intendersi puramente orientativa e di uso comune poiché a causa del continuo evolversi della tecnica e delle strategie di marketing delle case produttrici, non esiste ancora una definizione definitiva e universalmente condivisa delle caratteristiche che distinguono queste tre famiglie.

Gran turismo

BMW K1200 LT e Honda Goldwing
BMW K1200 LT e Honda Goldwing

Le moto gran turismo sono generalmente caratterizzate da ampie carenature avvolgenti, una posizione di guida molto comoda, un telaio più ampio rispetto ad altri tipi di moto da turismo e integrano nella linea due o più borse rigide (a valigia o bauletto). Il motore, in configurazione che va dal bicilindrico boxer o a V fino al 6 cilindri in linea è di solito di grossa cilindrata capace di erogare una coppia elevata.

Le gran turismo sono accessoriate con dispositivi non comuni per altre moto, come: impianti stereo, radio satellitare, sedili e manopole riscaldati, sistemi di navigazione GPS, parabrezza personalizzati, sospensioni pneumatiche con compressori d'aria integrati, airbag. Al di là delle dotazioni offerte dai produttori, queste moto sono spesso personalizzate dai proprietari con accessori aggiuntivi.

Tra le case motociclistiche che da più tempo presentano in catalogo modelli di questo tipo si annoverano Harley-Davidson (la Harley-Davidson Electra Glide è in produzione dagli anni sessanta), BMW (la BMW R100 RT risale agli anni settanta), Honda (la Honda Goldwing risale anch'essa agli anni sessanta) e Kawasaki (con la Kawasaki GTR 1000 degli anni ottanta).

Maxi enduro

BMW R1200GS
BMW R1200GS

Questa categoria comprende moto progettate per fornire funzionalità di turismo a lungo raggio sia su strada che fuoristrada, con l'intento di rendere praticamente qualsiasi destinazione raggiungibile. Le moto di questo tipo condividono le caratteristiche di elevata altezza da terra (per un migliore comportamento fuori strada), grandi riserve di carburante, cilindrate elevate, buona maneggevolezza e motori poco spinti per garantire alta affidabilità, coppia elevata e un buon comportamento autostradale a medio-alta velocità. Questa combinazione di caratteristiche, insieme al loro peso, al tipo di gomme impiegate e alla grande taglia, li distingue dai tradizionali fuoristrada come enduro e moto da cross.

Non è raro che queste moto abbiano a disposizione accessori per utilizzi specifici, fra cui piastre di protezione (per proteggere il motore e la trasmissione durante l'uso fuori strada), serbatoi maggiorati o supplementari, borse in metallo, sistemi di navigazione GPS con protezioni per l'uso su tracciati difficili, fari supplementari eccetera. Queste moto non necessariamente sono vendute con valigie di serie ma di solito sono presenti fra gli optional offerti dalla casa madre oppure vendute da fornitori terzi. Esempi di Maxi Enduro includono la BMW R1200GS, la Ducati Multistrada, la Triumph Tiger, La Moto Guzzi Stelvio, la Aprilia Caponord, la KTM 990 Adventure, la Suzuki V-Strom 1000, la Yamaha Super Ténéré.

Turismo sportivo

Triumph Sprint ST 1050
Triumph Sprint ST 1050

Le moto da turismo sportivo sono una forma ibrida tra le moto sportive e le moto da turismo; permettono di guidare su lunghe distanze a velocità più elevate, con più enfasi sulle prestazioni sportive (sia in maneggevolezza che velocità) rispetto alle gran turismo. La difficoltà di trovare il giusto equilibrio fra sportività e comfort mantiene queste moto in una nicchia di mercato.

La maggior parte delle aziende produce infatti solo un modello da turismo sportivo come la Triumph Sprint ST, la Yamaha FJR 1300, la Kawasaki GTR 1400 o la Ducati ST. Eccezioni degne di nota sono le Honda ST 1300 e VFR 1200F, i modelli BMW serie GT, ST, RS. Queste moto sono spesso equipaggiate con valigie rigide di serie ma alcuni produttori le offrono come optional, sia originali (ad esempio, Honda VFR1200F) che da fornitori terzi.

Motocross

Il motocross (termine mutuato dalla lingua inglese dove nasce come composto aplologico delle parole "motorcycle" e "cross-country"), spesso abbreviato in cross o MX, è una disciplina sportiva motociclistica che si pratica su circuiti sterrati chiusi chiamati crossodromi.

Le moto per le gare individuali hanno una cilindrata compresa tra i 50 e i 550 cm³.

Le moto da cross hanno sospensioni con corsa molto lunga e regolabili in base al terreno, sia il tipo che le condizioni, ed alla pista, più o meno veloce, con salti più o meno lunghi. Nelle sospensioni regolabile è la parte idraulica: il freno in compressione ed il freno in estensione; i moderni ammortizzatori posteriori hanno anche la regolazione del freno in compressione per le alte e basse velocità (velocità della sospensione, non della moto). Lo scopo di avere sospensioni a punto è quello di avere più trazione possibile in tutti i punti della pista, di poter sopportare gli atterraggi dai salti senza "andare a pacco" e di stancare meno possibile il pilota.

Per alleggerire al massimo possibile le moto, senza toccare elementi strutturali, le moto da cross sono prive di tachimetro, avviamento elettrico (anche se ultimamente si sta sempre più venendo alcune case che lo propongono a causa delle difficoltà di avviamento delle 4 tempi) e luci (anche per minimizzare l'assorbimento di potenza ed avere un generatore più piccolo e con minor effetto volano). Parti speciali per alleggerire (in carbonio o ergal) le moto oppure componenti del motore speciali sono prodotte dalle fabbriche e venduti a parte.

A causa delle particolari conformazioni delle varie zone dei tracciati, i piloti spendono la maggior parte del tempo ad assorbire i colpi con le ginocchia. Per questo la sella delle moto da cross è molto lunga e le spalle sono in materiale antiscivolo, per consentire al pilota di spostare il proprio peso lungo l'asse della moto e quindi caricare il peso sulla ruota motrice, per assorbire meglio i colpi oppure per caricare le sospensioni prima di un salto.

Stranamente, a differenza degli altri sport a motore le cross si possono trovare già in condizioni "pronto gara" preparate dalle aziende a prezzi non eccessivi. Comunque ogni pilota modifica la sua moto per adeguarla al proprio stile di guida (ad esempio sacrificare la spinta agli alti regimi per avere maggiore potenza ai bassi regimi, la rigidità dello sterzo o la posizione del "sistema di lancio") oppure per adeguarla alle condizioni della pista (gomme, setting sospensioni).

Enduro

Moto da enduro nel suo terreno ideale
Moto da enduro nel suo terreno ideale

Il termine enduro deriva dall'inglese "endurance", cioè "resistenza", infatti tale disciplina si pratica principalmente su strade sterrate e mulattiere con qualsiasi condizione del terreno emeteorologica, richiedendo quindi una notevole resistenza fisica ai piloti.

Tale disciplina è nata e si è evoluta in Europa ed è poi dilagata nel resto del mondo riscuotendo molto successo. È simile al motocross, anche se con sostanziali differenze.

Le motociclette da enduro differiscono dalle motociclette da motocross, in quanto devono rispettare le norme imposte dal codice della strada. Possono infatti circolare sulle strade aperte al traffico, essendo provviste di impianto di illuminazione (fari), indicatori di direzione, targa, terminale di scarico e pneumatici omologati. Inoltre naturalmente devono avere i documenti di circolazione e la loro guida su strada necessita di patente adatta al mezzo.

Poiché, come nel cross, le motociclette non hanno necessità aerodinamiche, esse non presentano alcun tipo di carenatura. La carrozzeria è dunque limitata ai parafanghi, a piccoli fianchetti laterali a protezione del telaio, dello scarico, della cassa filtro ed ai convogliatori d'aria per i radiatori.

Data l'alta probabilità di caduta in questo sport, i vari pezzi che compongono la carrozzeria sono prodotti in polipropilene, un polimero semicristallino caratterizzato da un elevato carico di rottura.

La ciclistica (telaio e sospensioni) deve essere in grado di assorbire le asperità del terreno accidentato e deve assicurare la trazione anche su terreni difficili come fango e ghiaia.

Anteriormente la sospensione, detta forcella, è molto robusta e presenta una elevata escursione. Spesso gli steli sono protetti da sporcizia e detriti tramite l'utilizzo di copristeli in gomma. Tuttavia questa pratica è divenuta superflua con l'utilizzo delle più moderne forcelle "rovesciate" che possono essere protette con l'installazione di sottili profili in materiale plastico fissati al piedino della forcella stessa.

Anche al posteriore si trovano sospensioni dalla elevata escursione. Come nel motocross, l'evoluzione tecnica delle motociclette ha portato negli anni al progressivo abbandono della soluzione a due ammortizzatori laterali per abbracciare pressoché universalmente quella del monoammortizzatore, dotato o meno di leveraggi progressivi.

Il peso medio di una motocicletta da enduro può variare dagli 80 kg di un ciclomotore, ai quasi 140 kg per moto di grande cilindrata.

Ulteriori differenze rispetto alle "sorelle" da cross possono risiedere nella rapportatura (e nel numero di rapporti) del cambio e nelle caratteristiche di erogazione dei motori. 

Trial

Moto da Trial in azione
Moto da Trial in azione

Le caratteristiche di una classica moto da trial sono:

- Un peso ridotto, solitamente tra i 67 kg della più leggera nonché neo-nata OSSA TR e i 75 kg.

- Delle dimensioni ridotte per garantire una maggiore agilità.

- Un motore di cilindrata usualmente compresa tra i 50 e i 300 cm³ con una coppia quasi costante al variare del numero di giri, molto più importante della potenza massima negli altri sport motoristici.

- L'assenza di una sella comoda, praticamente mai usata dal pilota che in questo tipo di gare guida in piedi sulle pedane. 

Motoalpinismo

Esempio di moto da motoalpinismo
Esempio di moto da motoalpinismo

Con il termine moto alpinismo (trail in inglese) si intende uno sport che è un misto tra l'enduro ed il trial. Questo sport consiste nel percorrere strade asfaltate, sterrate e magari qualche passaggio un po' più difficile per raggiungere una determinata meta avendo superato magari dislivelli molto impegnativi.

La moto per il motoalpinismo deve avere delle caratteristiche specifiche prese da altre moto.

In comune con l'enduro:

- essere targata e in regola con il codice della strada

- avere una buona autonomia

- avere una seduta comoda

In comune con il trial:

- essere targata e in regola con il codice della strada

- avere una discreta potenza alla ruota

- avere una ridotta emissione sonora e dei gas di scarico

- avere delle protezioni rinforzate per il motore e i leveraggi

Custom

Honda VT 750 C Ace Shadow
Honda VT 750 C Ace Shadow

Il Custom è un'attitudine, un modo di vivere il mondo motociclistico caratterizzato anzitutto dalla propensione del motociclista a trasformare il suo mezzo in modo da guidare un qualcosa di unico. Il custom riguarda i proprietari di motociclette di diverse marche e nazionalità. Tali motocicli spesso sono caratterizzati da una seduta molto bassa, un interasse lungo con pedane avanzate e in genere uno pneumatico posteriore largo, oltre a particolari accessori, realizzati come unici esemplari.

La loro linea, a differenza di tutte le altre tipologie di moto, è rimasta invariata nel corso degli anni (per questo tali moto vengono definite “dalla linea immortale” o “senza tempo”). Adatte a qualsiasi tipo di spostamento, sia esso un breve tragitto che un lungo viaggio. Contrariamente alle moto d’impostazione sportiva e naked (moto sportive private della carenatura), accolgono con molta comodità sia il pilota che l’eventuale passeggero.

Di solito si distinguono per le numerose cromature presenti e spesso presentano livree e verniciature molto particolari ed appariscenti. Possono montare protezioni aerodinamiche (generalmente fornite come optional) e, come ad esempio le cosiddette "Grand Cruiser", sono in grado di trasportare oggetti voluminosi (sono previste, quasi sempre come optional, borse laterali di enorme capienza). Si prestano estremamente bene alla personalizzazione (da qui il nome “Custom”) sia estetica che motoristica.

Il principale produttore di questa tipologia di moto è l’Harley-Davidson con sede a Milwaukee, negli Stati Uniti anche se, principalmente negli anni novanta, alcuni produttori specie giapponesi hanno prodotto delle moto “Custom” molto simili a quelle statunitensi, sia dal punto di vista del design che prestazionale. Esempi sono rappresentati dalla Suzuki Ls Savage 650 cm³, dall’Honda Shadow 600 cm³, dall’Honda BlackWidow 750 cm³, dalla Suzuki Intruder VS 750 cm³ e 1400 cm³, e dalla piccola Aprilia Classic 50 cm³. Altri progetti sono stati intrapresi da marche come Kawasaki, Yamaha e Moto Guzzi.

Esistono molti preparatori di moto “Custom” che forniscono parti estetiche (o addirittura creano da zero moto totalmente personalizzate) e componenti ad alte performance per questa tipologia di motocicletta. Oggi anche in Italia sono molti i preparatori chiamati Customizer che contribuiscono ad elevare allo stato dell'arte questo mestiere puramente artigianale, i più noti non si limitano ad assemblare pezzi e parti recuperate nei numerosi cataloghi esistenti ma disegnano e costruiscono da zero parafanghi, fari, pedane, serbatoi e addirittura telai arrivando ad omologare come pezzi unici tali sculture motorizzate. Le custom sono suddivisibili oggi in numerose categorie, tra le più note ci sono i Chopper, i Bobber, le Old Style ma nascono continuamente nuove denominazioni per collocare le opere dei customizer in una sorta di catalogo temporale allo stesso modo con cui si collocano le opere d'arte nella storia.

La personalizzazione di queste moto ha dato vita anche ad una nuova tipologia di motociclette: le “Chopper” caratterizzate da forcelle lunghe particolarmente diffuse in Svezia e negli U.S.A. soprattutto negli anni sessanta dello scorso secolo. Una tra le più celebri aziende produttrici è la Orange County Choppers situata a New York. L'azienda ha acquistato molta notorietà grazie al programma di Sky American Choppers.

Chopper

Chopper "Easy Rider"

Il chopper è una motocicletta fortemente elaborata, in quanto sottoposta ad un radicale processo di personalizzazione.

Le prime moto chopper nascono negli Stati Uniti, in seguito questo tipo di elaborazione arriva nel "vecchio continente", alla fine degli anni sessanta, grazie a film che riprendono la cultura americana di quegli anni, tra cui il noto Easy Rider.

In California e in Florida durante gli anni cinquanta e gli anni sessanta alcuni appassionati di moto cominciarono a tagliare il canotto di sterzo, in inglese chop da cui il nome, e risaldarlo con un'inclinazione maggiore. In più eliminavano dalle proprie moto tutte quelle parti che sembravano troppo grandi, pesanti, brutte o non assolutamente necessarie al funzionamento del mezzo e che lo potevano assimilare ai modelli di serie.

In Italia registrarono scarsa fortuna commerciale, nonostante le interessanti proposte di alcune case motociclistiche come la Fantic Motor e la Milani che, nella prima metà degli anni settanta, avevano messo in produzione dei modelli di serie, in cilindrate di 50 e 125 cm³, soprattutto pensati per la clientela più giovane.

I chopper hanno conosciuto una nuova diffusione verso la fine degli anni novanta quando alcune officine iniziarono a costruire costose motociclette in stile chopper oltre a produrre una grande quantità dimerchandising.

Caratteristica distintiva del genere "chopper" è la lunga forcella anteriore, notevolmente inclinata. Spesso elementi quali i parafanghi e le luci di posizione venivano rimossi, ed in alcuni casi anche il freno anteriore. Anche la sella di serie veniva eliminata per permettere di sedersi il più in basso possibile sul telaio della moto. In molti casi questi telai erano dei telai rigidi, cioè senza sospensione posteriore la quale venne introdotta sulle Harley-Davidson solo a partire dal 1958. Le pedane di serie venivano sostituite da altre in posizione molto avanzata. La ruota anteriore, il faro e il serbatoio di serie venivano sostituiti con equivalenti più piccoli. Molto comune era anche l'aggiunta di parti cromate ottenute sia dalla cromatura dei pezzi di serie che montando parti speciali. A seconda delle inclinazioni del proprietario potevano venire montati sulla moto delle forcelle lunghe e dentate oltre a marmitte aggiuntive.

La legislazione esigeva e in alcune zone ancora esige, che ci fosse la possibilità di trasportare un passeggero e che quindi venisse previsto un alloggiamento per ospitarlo. Cominciarono quindi a venir montate delle alte spalliere verticali, chiamate sissy bars, che spesso risultavano più alte della testa del guidatore. Inoltre venne limitata l'altezza dei manubri, spesso ricurvi, che non poteva superare quella della testa del guidatore.

Il processo di eliminazione delle parti e di abbassamento del baricentro faceva si che la moto guadagnasse qualcosa in termini di maneggevolezza e di prestazioni, ma non era questo lo scopo ricercato da coloro che creavano un chopper. Lo scopo principale era di mostrare e di provocare esibendo una moto essenziale e nuda in confronto alle Harley-Davidson di serie da cui esse derivano e alle sovradimensionate, negli USA, autovetture di quel periodo.

In ogni caso va fatta però una distinzione tra i veri chopper, che sono moto per così dire smontate e le moto personalizzate, spesso costruite appositamente per un cliente, dette anche custom-cruiser

Bobber

Bobber (motocicletta)

Un bobber è un tipo di preparazione motociclistica, che ha preso forma negli anni cinquanta e che tuttora è molto diffusa.

Le motociclette con questa preparazione, chiamate bobbers, sono affini ai chopper in quanto entrambi rappresentano un approccio minimalista al mezzo che viene spogliato di tutto ciò che non è indispensabile. Ciò include l'adozione del caratteristico telaio rigido e il parafango posteriore accorciato, chiamato bobbed.

La principale differenza tra choppers e bobbers è che i bobbers vengono costruiti mantenendo il telaio originale, che invece nel caso dei choppers viene spesso pesantemente modificato, tagliato e risaldato. I bobbers inoltre hanno uno stile molto spartano, privo della maggior parte delle caratteristiche estetiche del chopper come parti cromate e forcella allungata. Altre caratteristiche che distinguono spesso i bobbers sono gli pneumatici dalle spalle alte,sella monoposto e collettori bendati.Il tutto finalizzato a ricreare un look vinatge tipico del secondo dopoguerra.

I bobbers sono generalmente costruiti a mano anche se ci sono eccezioni come la Harley-Davidson Rocker.

Café racer

Il termine Café racer, generalmente pronunciato cafè racèr, identifica una particolare tipologia di motocicletta.

La locuzione Café racer nacque nel Regno Unito, durante la prima metà degli anni sessanta, per indicare in modo dispregiativo i motoveicoli che i giovani del movimento Rocker ostentavano, parcheggiandoli davanti ai locali pubblici da loro frequentati e caratterizzati dalla presenza esterna delle loro motociclette. Il primo di questi locali fu il 59 Club, mentre il più celebre è l'Ace cafe.

Questi motoveicoli erano motociclette stradali spogliate di tutto quanto legato al turismo e dotate di accessori specialistici e sovrastrutture modificate - spesso autocostruiti - in maniera tale da sembrare moto da competizione, ma in realtà utilizzate esclusivamente per fare bella mostra e appagare l'ego dei loro proprietari.

Raramente i proprietari si impegnavano in competizioni ufficiali, spesso questi si sfidavano in gare clandestine più o meno organizzate per poi concludere di fronte al bar dove condividere e talvolta esagerare le proprie imprese.

Negli anni settanta tale locuzione fu ripresa in Francia, con il significato di "pilota da bar", per indicare in tono ironico questa categoria di motociclisti.

Nel moderno uso lessicale, per Café racer si intende una motocicletta dall'aspetto sportivo, spesso in stile rétro, strutturalmente e meccanicamente comparabile ad una motocicletta di serie.

Con la diversificazione del mercato della motocicletta il principio stesso delle Cafè Racer è venuto meno, in quanto ormai disponibili vere e proprie race-replica. Questa tipologia di motociclette è rimasta come filosofia e stilemi costruttivi nel mondo del custom (dall'inglese "to custom": personalizzare) dove ciclicamente riacquista popolarità.

Le Cafè racer sono caratterizzate da una serie di modifiche estetiche, atte a valorizzare l'idea di velocità.

Tra le modifiche estetiche, i primi componenti coinvolti sono gli alti manubri tradizionali, che, per modificare la postura del pilota, vengono sostituiti da bassi semimanubri che ricalcano quelli usati dalle moto da gara, mentre il sellone di serie è sostituito da una sella monoposto con codino e in taluni casi viene montato anche un cupolino aerodinamico anch'esso ispirato dalle competizioni. Poi si passa alle modifiche meccaniche, con sospensioni freni rimpiazzati da componenti più prestazionali e il motore che viene sottoposto ad elaborazione.

A livello tecnico le elaborazioni sono molto semplici, come la sostituzione dei filtri dell'aria con eguali più porosi, o addirittura la loro rimozione, e l'installazione di carburatori maggiorati. L'impianto di scarico è anch'esso oggetto di modifiche, sostituendo il terminale di serie con un tromboncino, come quelli usati dalle moto da competizione. Questa modifica è spesso accompagnata dalla rimozione del silenziatore. Gli ammortizzatori venivano sostituiti da modelli più corti e rigidi.

Al termine della trasformazione, la diversa e più distesa posizione di guida imposta dall'utilizzo di mezzi manubri e la diminuzione di peso rendevano le moto leggermente più performanti della versione di serie.

Vista la buona diffusione, a partire dalla fine degli anni ottanta, alcune case motociclistiche hanno prodotto modelli così denominati, d'estetica sportiva e particolarmente appariscente.

La prima moto italiana ufficialmente denominata Café racer fu il prototipo MotoBi 250 CR che, presentato in veste definitiva al Salone di Milano nel 1975, ottenne l'entusiastico consenso del pubblico giovanile, ma non entrò in produzione. (Fonte: Wikipedia)

Café racer su base Gilera 124 5V
Café racer su base Gilera 124 5V
Kawasaki Z 1000 ST del 1979 trasformata in Café racer
Kawasaki Z 1000 ST del 1979 trasformata in Café racer
La Thruxton 900 della Triumph è un classico veicolo in stile Café racer
La Thruxton 900 della Triumph è un classico veicolo in stile Café racer

Triton

Una Triton con ciclistica della Norton 650 SS e motore della Triumph Bonneville
Una Triton con ciclistica della Norton 650 SS e motore della Triumph Bonneville

La Triton è una motocicletta di tipo Special, realizzata a livello artigianale negli anni cinquanta e sessanta, che nasceva dall'unione del motore della Triumph Bonneville con il telaio prodotto dalla Norton. La denominazione Triton è l'acronimo dei marchi Triumph e Norton.

Questa tipologia di moto composita era molto diffusa nell'ambiente café racers e, all'epoca, rappresentava la massima espressione della moto sportiva inglese.

L'esigenza di creare la Triton nacque dalla anormale fragilità dei motori bicilindrici prodotti dalla Norton negli anni '50 che limitava fortemente l'utilizzo sportivo dei telai Featherbed (letto di piume), al tempo considerati la migliore espressione della tecnica telaistica nella produzione mondiale. Per ovviare al problema delle frequenti rotture, alcuni artigiani iniziarono a sostituire, nelle loro cafè racers, il propulsore delle Norton con altre motorizzazioni e, particolarmente con i bicilindrici 650 cc della Bonneville T120R, ottenendo così una moto potente, affidabile e stabile.

Non si sa con certezza chi fu il primo a pensare a questa trasformazione ma le Triton in breve divennero le moto più desiderate. Sempre su base ciclistica Norton, furono tentati diversi esperimenti che diedero vita ad altre moto ibride, di minor successo rispetto alla Triton, come la Tribsa, con motore della BSA Gold Star e la Norvin, con motore della Vincent Rapide.

In pratica ogni moto era un pezzo unico che rispecchiava la personalità e le convinzioni motoristiche del suo proprietario.

La fama delle Triton ha retto molto bene al passare del tempo ed oggi sono ancora richieste e vengono prodotte, in numeri molto limitati, da artigiani specializzati. 

Scrambler

Lo Scrambler, in campo motociclistico, indica un tipo di motoveicolo con caratteristiche principalmente stradali, al quale sono state apportate lievi modifiche per renderlo adatto ad affrontare percorsi sterrati o brevi tratti fuoristrada di trascurabile difficoltà.

Il termine "scrambler" deriva dal verbo inglese "to scramble" che significa mischiare.

Così erano chiamate, in alcuni territori di provincia statunitensi della fine anni cinquanta, le motociclette stradali cui venivano applicati manubri, pneumatici e rapporti da fuoristrada, al fine di agevolmente percorrere le lunghe strade sterrate che collegavano i "ranch" alle vie di comunicazione pubbliche.

Arrivato in Europa, il termine fu utilizzato soprattutto dalle case italiane e inglesi che, a partire dagli anni sessanta, sfornarono un cospicuo numero di modelli "scrambler".

In Italia, molte delle più importanti case costruttrici avevano in listino un modello turistico trasformato "scrambler", come Ducati, Moto Guzzi, Laverda, Moto Morini, MV Agusta o Gilera. Inizialmente, modelli appositamente concepiti per cercare uno sbocco commerciale sul mercato americano che ebbero grande successo su quello nazionale. 

Ducati Scrambler 250 del 1966
Ducati Scrambler 250 del 1966
Ducati 250 Scrambler del 1969
Ducati 250 Scrambler del 1969
Ducati 450 Scrambler del 1972
Ducati 450 Scrambler del 1972

Supermotard

Il termine supermotard (a volte sostituito da supermoto o motard) si riferisce ad un particolare tipo di moto e competizione (il termine Motard viene usato per le moto con queste caratteristiche, ma non da competizione, salvo rare eccezioni).

L'etimologia di supermotard deriva dalla parola Motard, una parola francese di argot, entrata ormai nel parlare comune. Significa genericamente motociclista, ma indica quel tipo di motociclista che va in motocicletta su strada con qualsiasi tempo, spesso in gruppo, e che non disdegna la messa a punto e l'elaborazione sulla sua moto.

In origine le moto da Motard erano dei cross che montavano una gomma posteriore larga stradale. Questo genere di moto nasce come competizione motociclistica vera e propria (in America con il nome di Superbikers) diventando solo negli anni novanta un genere di moto a sé stante e destinato alla produzione, diffondendosi poi molto rapidamente in tutto il mondo. Dagli albori di questo sport/tipologia di moto, molte cose sono cambiate, ora molte aziende produttrici di moto producono dei motard omologati per la circolazione stradale, dei veri e propri motard con vocazione stradale come l'Honda FMX 650, e dei motard con motori di grande cilindrata, come la Ducati Hypermotard o l'Aprilia Dorsoduro, o addirittura con impostazione da naked, come il KTM Supermoto; tutte moto che comunque hanno poco in comune con i motard da gara che sono ancora in grande maggioranza delle moto da cross o da enduro riadattate. I motard da gara (o anche quelli omologati cosiddetti Race Replica, come la Honda CRF o meglio ancora la Aprilia SXV) sono delle moto da fuoristrada (enduro o motocross) con ruote, per misura e tipo di pneumatici, da pista (in maggioranza 17 pollici posteriore e 16,5 pollici anteriore) a differenza delle gomme più strette tassellate di enduro (21 pollici anteriore, 18 posteriore) e cross (21 pollici anteriore, 19 posteriore), quindi con un assetto meno carico sul posteriore, come pure il disco, la pinza e la pompa dei freni anteriore, la rapportatura di pignone e corone e la taratura e le dimensioni delle sospensioni anteriori e posteriori.

Special

La Magni Sfida 400 del 1992, prodotta in 90 esemplari
La Magni Sfida 400 del 1992, prodotta in 90 esemplari

Il termine, di origine inglese si è diffuso nell'ambito delle competizioni motociclistiche dal dopoguerra, per indicare le moto da gara utilizzate dai piloti privati, derivate da modelli di serie, e caratterizzate da sostanziali innovazioni al propulsore e, soprattutto, alla ciclistica.

Le special ebbero una prima diffusione nel Regno Unito con le Triton per poi espandersi in tutta Europa con l'avvento delle motociclette di produzione giapponese, dotate di potenti motori plurifrazionati, ma spesso caratterizzate da soluzioni telaistiche inadeguate o di basso profilo tecnico.

Nacquero così decine di special destinate alle competizioni di ogni grado e disciplina che, complici la profonda crisi dell'industria motociclistica europea e l'inesperienza di quella giapponese, ottennero negli anni sessanta e settanta una lunga serie di affermazioni nazionali e internazionali.

Alcuni degli artigiani preparatori ottennero una tale notorietà da riuscire a destinare la loro produzione anche al settore delle moto sportive stradali, producendo loro i loro motoveicoli in piccola serie, come Paul Dunstall, Arturo Magni, Giuliano Segoni, Fritz Egli, Massimo Tamburini, i fratelli Rickman e tanti altri. 

A partire dagli anni ottanta, la sempre maggiore differenziazione produttiva dei modelli sfornati dalle grandi industrie motociclistiche colpì fortemente le piccole aziende produttrici di special, oggi quasi scomparse. 

Rat Bike

Rat bike al raduno del Regno Unito del 2005
Rat bike al raduno del Regno Unito del 2005

Con il termine Rat bike si identifica quel genere di moto special modificate artigianalmente dal look trasandato e rappezzato.

Rat bike (moto ratto) sono una categoria di moto nate in America. L'origine del termine si attribuisce alle moto utilizzate dai contadini americani. I braccianti e agricoltori spesso a corto di soldi cercavano di sistemare i propri mezzi rotti con ricambi usati e con riparazioni self made.

L'essenza e lo scopo della rat bike è di mantenere la moto funzionante per la quantità massima di tempo possibile ma con la minor spesa possibile.

Queste moto sono generalmente caratterizzate da aggiunta o sostituzione di parti meccaniche non appartenenti al modello della moto in questione (venivano spesso riciclati pezzi di altri veicoli per aggiustare i guasti), sono generalmente di colore nero opaco con più o meno parti di metallo grezzo o ruggine. Altra caratterista distintiva delle rat bikes sono le giunzioni di collettori o altre parti della moto senza saldature, ma con bendaggi, o avvolgimento tramite lattine sigillate tra loro con fascette metalliche.

Un sottogenere delle rat bike sono le survival bikes. Queste si caratterizzano, oltre agli elementi distintivi delle rat bike, per essere ricoperte da cianfrusaglie o enormi carichi (sarebbero in grado di trasportare tutto l'occorrente in caso di disastro o cataclismi). 

Questo genere è stato fortemente diffuso dalle pellicole di Mad Max. 

Le componenti meccaniche

Le componenti della moto possono essere suddivise in diverse categorie.

 

Ciclistica 

Elementi fondamentali del motociclo, ma non pertinenti con la propulsione:

  • telaio e telaietto (detto anche sottotelaio o telaio ausiliario), elementi statici atti al collegamento della parti ciclistiche, motoristiche e delle sovrastrutture;
  • sella, necessaria per permettere la seduta sulla moto, presente praticamente su tutte le motociclette, ad esclusione delle moderne moto da trial;
  • pedane elementi fissati al telaio che permettono la giusta postura dei piedi/gambe;
  • cavalletto/stampella laterale, elementi che permettono il posteggio della moto, presenti singolarmente o in accoppiata;
  • sistemi sospensori-ammortizzanti, elementi dinamici atti ad assorbire le asperità del terreno e garantire il corretto contatto al suolo;
    • forcella elemento anteriore, di norma anche collegato con il manubrio; quest'ultimo necessario per la direzionalità del mezzo;
    • forcellone, elemento posteriore, che solo in rarissimi casi è un elemento rigido come nel caso della bicicletta;
  • ruote, parti ruotanti della ciclistica;
    • cerchione, sorregge lo pneumatico, con parte del sistema frenante ruotante e/o del sistema di trasmissione;
    • pneumatico, elemento fondamentale per garantire la tenuta del mezzo;
  • impianto frenante, presenta sia una parte statica che una dinamica; entrambe permettono il rallentamento o l'arresto del mezzo, questo sistema è generalmente presente sia anteriormente che posteriormente, ma in alcuni sporadici casi come in alcuni modelli di chopper viene a mancare l'elemento anteriore.

Motore e annessi

Elementi fondamentali per la propulsione del mezzo:

  • blocco motore parti meccaniche di trasmissione/trasformazione energetica del propulsore, da non confondere con il "banco motore" (blocco motore senza il gruppo termico);
    • gruppo termico parte che si occupa della trasformazione da chimica a meccanica dell'energia e che richiede un determinato impianto di raffreddamento;
    • carter elemento che racchiude e sorregge le parti fondamentali del blocco motore;
    • cambio utile per permettere la variazione del rapporto di riduzione tra motore e ruota motrice;
    • frizione serve per connettere o sconnettere il motore dal cambio o dalla trasmissione finale;
  • impianto d'accensione necessario per la trasformazione chimica termica del combustibile;
  • impianto d'alimentazione permette la giusta alimentazione del motore;
  • impianto di scarico permette il corretto trattamento dei gas di scarico;
  • impianto d'avviamento per permettere il facile avviamento del propulsore;
  • trasmissione tutti gli organi che connettono il gruppo termico alla ruota, si divide in primaria (dal motore al cambio) e secondaria (dal cambio alla ruota) che possono essere il giunto cardanico, il sistema corona/pignone a catena o a ruote dentate con cinghia dentata.

Sovrastrutture

Elementi non obbligatoriamente presenti o necessari per la conduzione di un mezzo:

  • carenatura elemento/i necessari per la copertura delle parti meccaniche esposte e per la protezione dall'aria, i parafanghi sono compresi in questa categoria;
  • impianto elettrico ausiliario impianto elettrico non necessario per il funzionamento della moto, ma utile e/o obbligatorio per la circolazione;
    • impianto d'illuminazione parte dell'impianto necessaria per l'illuminazione e la segnalazione della posizione;
    • avvisatore acustico;
    • indicatori direzionali utile per soddisfare più facilmente l'obbligo stabilito dalla legge di segnalare i propri cambi di direzione, ancorati alla forcella o inseriti nell'eventuale carenatura;
    • blocchetto/i comandi elementi posizionati sul manubrio che contengono gli interruttori per il funzionamento dell'impianto elettrico e di avviamento;
    • strumentazione elementi di misurazione o avvertimento, atti a indicare determinate condizioni operative, posizionati nella parte anteriore del mezzo e generalmente vincolati alla piastra superiore della forcella o al telaio della moto, più raramente viene vincolata al serbatoio;
      • contagiri indica il regime operativo del motore;
      • contachilometri indica la strada percorsa;
      • tachimetro visualizza la velocità di percorrenza;
      • termometri possono indicare sia i dati di temperatura esterna che quelli specifici a organi del motore e al loro raffreddamento;
      • indicatore del livello del carburante, ha sostituito l'uso del rubinetto della benzina con posizione della riserva;
      • spie di funzionamento utili per la segnalazione della maggior parte delle avarie;
  • specchietti retrovisori utili per la visualizzazione dei mezzi sopraggiungenti alle spalle;
  • portapacchi elementi che permettono il trasporto di scatole o pacchi, una variante è il "portacasco";
  • motovaligie borse che vengono fissate lateralmente o posteriormente, raramente sul serbatoio del mezzo per aumentare la capacità di carico.

Motociclismo

Il Motociclismo nella sua accezione più estesa è un insieme di attività che si svolgono con qualsiasi tipo di motocicletta. Queste attività spaziano dal motociclismo sportivo al mototurismo e motoradunismo, fino al quotidiano utilizzo della motocicletta come mezzo di trasporto e di lavoro urbano ed interurbano.

 

Motociclismo sportivo

Il motociclismo sportivo è il settore agonistico comprendente le varie discipline che prevedono competizioni tra piloti a bordo di motociclette.

Utilizzare i nuovi mezzi di locomozione a fine Ottocento per gareggiare al pari dei cavalli, biciclette e simili, è stato un evento naturale nell'evoluzione della competizione tra uomini con qualsivoglia mezzo.

Oggi è uno tra gli sport motoristici più diffusi, seguiti e praticati in Italia e nei paesi più "avanzati", cioè quei paesi che hanno la possibilità di investire economicamente in questo settore.

Esistono due tipologie principali:

  • Velocità, competizioni su suoli compatti asfaltati, comprendente diverse categorie e campionati:
    • Motomondiale prototipi di motociclette che competono al motomondiale velocità
    • Superbike
    • Supersport
    • Superstock
    • Endurance
    • Minimoto
    • MiniGP
    • Scooter Velocità
  • Fuoristrada, competizioni su suoli non compatti
    • Motocross, i modelli che vengono usati nelle gare di motocross, con soluzioni tecniche che permettono l'uso su percorsi sterrati a velocità sostenute e in presenza di salti o avvallamenti marcati.
    • Enduro (in passato Regolarità), sono sempre moto da competizione, che gareggiano nelle gare da enduro e nella maggior parte sono moto da cross riadattate per questa competizione, che prevede l'uso di un motoveicolo omologato per uso stradale e che deve rispettare le normative stradali.
    • Trial, modelli usati per le competizioni apposite, che non necessitano di velocità elevate ma le cui caratteristiche di leggerezza e agilità consentono di superare quasi ogni tipo di ostacolo.
    • Rally Dakar, moto usate nelle competizioni africane di Rally Dakar, con determinate caratteristiche fisiche e soluzioni specifiche, le quali inizialmente erano derivate da moto per l'enduro
    • Speedway, moto particolarmente leggere e semplici, infatti di solito non hanno l'ammortizzatore posteriore e non presentano un cambio a più rapporti, con il sistema frenante ridotto al minimo o assente
  • Misto
    • Supermotard, che si corre in circuiti nati per le gare di kart oppure su piste appositamente create, composte da circa il 30% di sterrato e il 70% asfalto. Questa disciplina viene praticata con moto da cross riviste nelle sospensioni e con gomme stradali

Il motociclismo sportivo è uno sport prettamente individuale (a parte le motociclette con sidecar) e trova solo rari esempi di competizioni a squadre: Cross delle nazioni, International Six Days ecc.

Il regolamento e organizzazione delle diverse discipline sportive è di competenza della Federazione Internazionale Motociclistica.

 

Motoradunismo

Il motoradunismo non è altro che il raduno o aggregamento di molti motociclisti in un determinato luogo. I più famosi raduni motociclistici contano decine di migliaia di presenze, come l'Elefantentreffen che si svolge ogni anno tra gennaio e febbraio nel sud della Germania, la Biker Fest che si svolge a giugno in Friuli. Il Super Rally, raduno riservato solo alle Harley-Davidson e che ogni anno si svolge in una nazione europea diversa, mentre il Triumph Tridays, raduno monomarca Triumph si svolge solitamente a giugno in Austria. Tra gli appassionati Ducati è celebre il World Ducati Weekend che si tiene a Misano Adriatico, dove si svolge anche la Yamaha Fest, incontro dedicato ai proprietari di motociclette Yamaha, mentre le Giornate Mondiali Guzzi di Mandello del Lario attirano un gran numero di Guzzisti. Negli Stati Uniti d'America, raduni come la Daytona Beach Bike Week che si svolge a marzo in Florida e lo Sturgis Motorcycle Rally di agosto in South Dakota possono contare da diversi anni ormai un numero di partecipanti che si attesta attorno al mezzo milione di persone. A Bobbio passando per il Passo del Penice ogni anno si svolge il Motoraduno – San Colombano Day in omaggio a San Colombano protettore dei motociclisti.

 

Mototurismo

Il mototurismo italiano si avvale, principalmente, di due trofei: Trofeo Turistico Nazionale (T.T.N.) e Trofeo Turistico (Nazionale) Moto Donna (T.M.D.), sostituiti dal 2011 dal campionato turismo, i cui singoli eventi sono denominati "motoraduni d'eccellenza". In entrambi vige il regolamento indetto dalla Federazione Motociclistica Italiana (F.M.I.). Per partecipare ai trofei i motociclisti devono essere iscritti ad un moto club associato alla F.M.I. ed avere la Licenza Turistica. Le categorie sono: isolato (conduttore/conduttrice, passeggero/a), squadre. Per chi partecipa in solitario (isolato), i km percorsi sono contati dal suo luogo di residenza al luogo dove avviene il motoraduno. Nella classifica a squadre, i km sono contati dal luogo della sede del moto club di appartenenza.

Un'ulteriore manifestazione mototuristica è il Motoraid Turistico. La partecipazione consiste in gare di regolarità mototuristica, quindi in una marcia di precisione, in un determinato luogo e territorio, rispettando i tempi di una tabella di marcia prestabilita. Inoltre si tiene conto dei km registrati dai Commissari di Gara nella Licenza Turistica. (Fonte: Wikipedia)

 

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